Accesso agli atti, dopo 2anni a Melendugno ancora nessuna risposta. La storia

Sono ormai trascorsi quasi due anni da quando, nel marzo 2023, è stata inviata via PEC una formale richiesta di accesso agli atti al Comune di Melendugno. La normativa vigente, in particolare la Legge n. 241/1990 e i regolamenti comunali di riferimento, stabilisce che la Pubblica Amministrazione debba fornire un riscontro entro un termine massimo di 90 giorni, salvo casi particolari che richiedano un differimento motivato. Eppure, siamo giunti al 2025 senza aver ricevuto alcuna risposta. Nel frattempo, numerosi solleciti, sia verbali sia formali, non hanno sortito l’effetto sperato.

accesso agli atti quanto tempoIn questi due anni, infatti, non sono mancate le iniziative per richiamare l’attenzione dei funzionari competenti. Oltre ai colloqui diretti, durante i quali è stato più volte sollecitato lo stato della pratica, è stata inviata, appena un paio di settimane fa, un’ulteriore PEC all’ufficio competente. Quest’ultima comunicazione intendeva nuovamente ribadire la necessità di un riscontro, ma, a oggi, continua a mancare qualunque risposta ufficiale. Tale silenzio, a fronte di reiterati solleciti, appare come una vera e propria criticità sotto il profilo della trasparenza e del corretto funzionamento della macchina amministrativa.

L’accesso agli atti è un diritto cardine nell’ordinamento italiano, garantito al fine di favorire la partecipazione del cittadino all’attività pubblica e di contrastare opacità e abusi. Mediante questo strumento, infatti, ogni soggetto interessato può visionare e ottenere copia di documenti e informazioni in possesso della Pubblica Amministrazione, a meno che non sussistano motivi legittimi di segretezza o riservatezza, come stabilito dalle disposizioni in vigore (ad esempio, quando si tratta di dati sensibili o di segreti istruttori).

Nel caso specifico del Comune di Melendugno, la legge prevede, come già ricordato, che l’amministrazione comunale debba rispondere entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza. La mancata risposta entro tale termine può configurare un silenzio significativo, detto “silenzio-rifiuto”, in seguito al quale il cittadino può rivolgersi al Difensore Civico regionale o presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR). È chiaro, tuttavia, che ricorrere a tali strumenti rappresenta un ulteriore onere di tempo e costi, oltre a essere un segnale di conflitto tra cittadino e istituzione.

Il percorso delineato dalla normativa è pensato per garantire la massima trasparenza e la tutela dei diritti dei cittadini, ma è efficace solo se le amministrazioni rispondono con puntualità e spirito collaborativo. Quando ciò non avviene, come nel presente caso, il ritardo – che si protrae per mesi e addirittura anni – diventa insostenibile e mina la fiducia nei confronti dell’ente pubblico. Il dialogo tra cittadino e autorità comunale si incrina, perdendo quella fondamentale base di chiarezza che dovrebbe caratterizzare ogni rapporto con la Pubblica Amministrazione.

Uno degli aspetti più rilevanti di questa vicenda è proprio l’assenza di una qualunque spiegazione o giustificazione da parte del Comune. Anche quando un’amministrazione si trovi in difficoltà, magari per mancanza di personale o per la presenza di altre priorità, dovrebbe fornire almeno un riscontro interlocutorio, per informare il cittadino del motivo della dilazione. L’assenza di comunicazioni, invece, alimenta sconcerto e frustrazione in chi attende l’esito della pratica.

È bene ricordare che le tempistiche definite dalla legge non sono un semplice consiglio o una raccomandazione, ma un obbligo a carico dell’amministrazione: entro 30 giorni dall’istanza (o 90, a seconda dei regolamenti e delle specifiche procedure), deve essere fornita una risposta motivata, di accoglimento, diniego o differimento. Ignorare a tempo indefinito una richiesta significa violare i principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza, principi costituzionalmente garantiti e alla base di ogni corretta amministrazione.

Speriamo che la situazione possa risolversi in tempi brevi, grazie a un tempestivo intervento del Comune di Melendugno. Un chiaro riscontro, dopo due anni di attesa, sarebbe un atto doveroso e rispettoso nei confronti del cittadino, nonché un segnale che l’istituzione ha a cuore la trasparenza e la collaborazione con la collettività. L’esperienza mostra come la trasparenza e il rispetto dei diritti di accesso rappresentino non solo un dovere giuridico, ma anche un’opportunità per rafforzare la fiducia nella Pubblica Amministrazione. Quando ciò viene meno, la democrazia partecipativa perde di significato e le istituzioni si allontanano dalle persone che dovrebbero invece servire.