WhatsApp, nata nel 2009 e venduta 5 anni dopo a Facebook, per 20 miliardi di dollari è una applicazione di messagistica istantanea con oltre un miliardo di utenti ed è venuto il tempo di monetizzare. Agli albori l’applicazione è stata gratuita per i possessori di un dispositivo IOS e a pagamento per tutti gli altri. Era un pagamento annuale di poco meno di un euro all’anno ma a quanto pare il patron di Facebook non è interessato a quel miliardo e passa annuale ma punta a qualcosa di più. Dal 9 febbraio le nostre informazioni personali cadranno nel calderone delle altre informazioni personali che nel frattempo abbiamo regalato a colossi informatici e saremo traditi. Nonostante Zuckerberg abbia sempre detto che WhatsApp sarebbe stata gratuita a noi regalerà, invece, i nostri dati alle aziende che li mischieranno in un grande pentolone e ci arriveranno messaggi sempre più mirati, personalizzati e performanti. Poi magari, i cosiddetti complottisti, affermano che questi dati saranno anche ceduti all’agenzia delle entrate e questi omini fantastici, che fanno solo il loro lavoro, potranno sapere tutti di noi, tutto ciò che noi nascondiamo al fisco e che non dichiariamo, per esempio. Quando andiamo in vacanza, con chi e con quale mezzo. Non solo potranno sapere se abbiamo un’entrata in nero che non abbiamo mai dichiarato o se facciamo degli acquisti o delle vendite di cui il fisco dovrebbe essere informato. E comunque le possibilità di incrocio dei dati sono infinite perché è tutto collegato. Soluzioni? Intanto non usare Facebook e WhatsApp o non collegare altri servizi tramite gli account di Facebook ma usare la buona vecchia mail. E poi passare ad altro. Ci sono altre soluzioni meno costose in termini di privacy e meno invadenti. Telegram è la soluzione che propongo io. Non sono pagato da Telegram per il fatto che i suoi creatori, due esuli russi, dichiarino di non puntare al denaro ma solo a pagarsi gli stipendi e i motivi per cui passare sarebbero almeno 20, tanti ne abbiamo contati. Uno su tutti sarebbe il fatto che Telegram non consuma spazio sullo smartphone come accade a WhatsApp. I messaggi, protetti, sono poggiati su un server e sono disponibili inserendo il proprio numero di telefono. E poi ci sono tanti servizi su Telegram che potrete scoprire con il tempo. Basti pensare che il canale di informazione, per esempio, della polizia locale di Lecce, è su Telegram da tanti anni e svolge un servizio eccellente. Perché non mi sento di consigliare Signal? Perché è proprietà di un altro miliardario, Elon Musk, e anche se per ora il suo pensiero è rivolto su Marte non è detto che prima o poi non torni con i piedi per terra.
Francesco Cappello