Un grido d’allarme si leva dalle pagine di Nature – Scientific Reports: i ricci di mare viola (Paracentrotus lividus), simbolo del Mediterraneo e specie chiave per gli ecosistemi marini, è in drammatico declino. A lanciarlo è un team internazionale di ricercatori coordinato dal professor Stefano Piraino, direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali dell’Università del Salento.
Lo studio, sviluppato nell’ambito del National Biodiversity Future Center (NBFC) in collaborazione con ARPA Puglia, Università di Palermo e Università di Malta, documenta una situazione allarmante: il riccio di mare viola è a rischio collasso ecologico, minacciato dal sovrasfruttamento e dal riscaldamento delle acque mediterranee.
Le campagne di monitoraggio effettuate nell’estate 2023 lungo le coste di Sicilia e Puglia hanno rilevato densità medie inferiori a 0,2 individui per metro quadrato – un dato senza precedenti. Ancora più preoccupante è che non emergono differenze significative tra aree protette e non, segno che le attuali misure di tutela non bastano più.
Una meta-analisi di oltre 30 anni di dati conferma che il declino è iniziato già nel 2003, in coincidenza con l’ondata di calore pan-europea e un’anomala impennata delle temperature nel Mediterraneo. I ricercatori parlano di una sinergia distruttiva tra attività umane e cambiamenti climatici, che sta portando la specie sull’orlo dell’estinzione locale.
«La situazione è critica – avverte il biologo Andrea Toso, primo autore dello studio – perché il riccio di mare è un ingranaggio essenziale degli ecosistemi costieri. La sua scomparsa mette a rischio non solo un’importante risorsa gastronomica, ma anche l’equilibrio dell’intero habitat marino».
Il professor Piraino rilancia l’allerta: «Servono interventi urgenti, prima che sia troppo tardi. Questa ricerca dimostra l’urgenza di monitoraggi continui e di politiche di pesca realmente sostenibili, capaci di affrontare anche gli effetti del cambiamento climatico».