A circa 500 metri dal percorso della via Francigena sorge nelle campagne tra Melendugno e Vernole il Castello ciclopico rupestre. Siamo andati a visitarlo spinti dal “clamore mediatico” che negli ultimi giorni lo ha interessato. Insieme a noi altri appassionati e curiosi spinti dallo stesso spirito. Quello di indagare sul nostro passato e dare un’occhiata a quel salento magico e misterioso che ci circonda.
Il complesso, circondato da olivi che sono solo l’ombra di un glorioso passato olivicolo, è una struttura composta da una muraglia con piccole finestre poste nella parte superiore, che si unisce a una torre troncoconica di forma circolare leggermente sporgente verso l’esterno. A ridosso della torre vi sono delle stanze di costruzione più recente (almeno 6), senza tetto che circondano un’area di 500 metri quadri. L’area interna non è accessibile soprattutto se non siete muniti di pantaloni lunghi e un paio di scarpe adatte. Il castello rupestre aveva forse una funzione difensiva. La torre è dotata di una feritoia che consentiva l’illuminazione interna e svolgeva il ruolo di piombatoio, fornendo ulteriori misure di difesa. Il complesso è inisuale nel Salento in quanto richiama i nuraghi sardi di Barumini o di Tharros. Anche le antiche mura di Tirinto, città dell’Argolide, in Grecia potrebbero aver ispirato gli antichi costruttori del castello rupestre. Alcune camere a ridosso della torre forse venivano utilizzate come “furnieddhri”, offrendo un luogo di conservazione per le provviste o un riparo per persone e animali.
Ne vale la pena andare a visitarlo? Certo che sì ma non crediate che possiate accedervi facilmente. Bisogna intanto prendere via Vecchia Melendugno che porta a Vernole e dopo aver oltrepassato la strada privata che conduce a TAP proseguire per circa 600 metri. L’accesso è pieno di rovi e sterpaglie e ve lo ritrovate sulla destra. La strada sterrata, delimitata da un muro a secco, sarà invece sulla sinistra se provenite da Vernole. In quel caso il percorso da coprire è pari a poco meno di 700 metri.
Noi lo abbiamo visitato il primo novembre e le foto sono a testimonianza di un luogo che dovrebbe essere valorizzato e conservato.
Francesco Cappello