Connessione lenta? Come se la cavano in Oklahoma

Connessione lenta? Come se la cavano in Oklahoma, Stati Uniti. Forse stiamo meglio noi e non lo sappiamo. Almeno abbiamo una connessione a 200 mb/s.

La scorsa settimana la piccola frazione di Borgagne ha subito l’ennesimo disservizio sulla linea della fibra. Un guasto non meglio precisato ha interessato una piastra in un’armadio e ha bloccato la connessione in fibra per qualche decina di utenti. Fin qui nulla di strano ma mentre il mondo va avanti e galoppa, come un forsennato, alla velocità di 1 Petabit/secondo, in Italia, nello specifico nel Salento siamo lontani anni luce.

É vero sembrano così lontani i tempi in cui ci collegavamo su internet con un modem 56k ma le cose, dall’arrivo della connessione in fibra, non sembrano poi molto migliorate. Oltre i 200mb/s nominali non si arriva e quando le utenze sono collegate in simultanea la connessione precipita a 30-40 mb/s

Tanto per farci del male il Network Research Institute, in Giappone, ha realizzato, utilizzando una fibra di diametro standard, una tecnologia che permette appunto una velocità di 1 petabit/secondo che – in teoria – potrebbe trasportare un milione di connessioni Gigabit Ethernet.

La maggior parte di noi ha una connessione in rame che le varie compagnie spacciano per fibra. Ma cosa succede in una nazione che prendiamo sempre a modello? Cosa succede negli Stati Uniti?

Per caso siamo incappati in un’inchiesta del Wall Street Journal che racconta un’America rurale molto simile alla nostra realtà. Il WJS prende in esame un paesino di 3mila abitanti, Heavener, in Oklahoma circondato da pascoli di bestiame e colline boscose.

A Heavener vi è un buon servizio a banda larga, ma Internet si deteriora fuori città nonostante la Contea sia stata interessata più volte da piani di aggiornamento e ammodernamento della connessione internet. La connessione non raggiunge una download di 4 Mbps e 1 Mbps di upload.

Quindi il prossimo che si lamenta sulla nostra connessione lenta rilegga questa storia e pensi che nei moderni Stati Uniti c’è chi sta peggio di noi.

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