Il blocco di ieri di Facebook, WhatsApp e Instagram ha dimostrato, di nuovo, che non è possibile fare affidamento esclusivamente sui social network appartenenti alla stessa azienda. Così come rappresenta un bel problema il fatto che una sola azienda decida chi e cosa far pubblicare ai propri utenti. Quali notizie divulgare e quale odio censurare. Per qualsiasi motivo si siano bloccati questi tre strumenti essi rappresentano una bella fetta di utenza aziendale e privata. Sette ore di blackout hanno causato non pochi problemi un po’ a tutti. In parte molti hanno risolto spostando la propria virtualità su Twitter e su Telegram. Quest’ultimo ha esso stesso subito dei rallentamenti a causa del traffico più che raddoppiato.
Alcuni analfabeti funzionati hanno invaso i bar e le piazze gridando al vento le proprie idee cercando di riscuotere almeno un abbraccio ma senza successo e hanno rischiato una crisi da astinenza digitale. Questo blackout dovrebbe far capire a chi vuole far sentire la propria voce che le alternative devono essere attivate prima del blocco e non nel mentre. Questo blocco degli strumenti di Mark Zuckerberg dovrebbe far capire agli esperti di comunicazione che Facebook non potrà mai sostituire un sito di proprietà ben strutturato e ben posizionato sui motori di ricerca perché presto o tardi chi ha in mano il rubinetto di Facebook, WhatsApp o Instagram chiuderà o vi butterà fuori e ognuno di noi si ritroverà con nulla in mano.
Francesco Cappello