Ricordare vent’anni di fascismo in poche righe è un’impresa. Sono tante le idee che si affollano e i pensieri tristi spesso prendono il sopravvento. I testimoni di quell’epoca buia, pian piano, stanno scomparendo e noi, che siamo vissuti in pace, dobbiamo fare affidamento alle loro parole, alle loro testimonianze video e ai libri cartacei o digitali. Da qualche tempo però qualcuno mette in dubbio che tutto quanto avvenuto, negli anni 1922-1945, sia mai realmente accaduto, sono i cosiddetti negazionisti, quelli per cui il termine fu coniato.
Questo preambolo serve per dirvi che sono capitato per caso su un sito che raccoglie qualcosa di particolare. Ero alla ricerca di materiale per un nuovo articolo sul giorno della memoria (27 gennaio), senza propinare ai miei lettori sempre le stesse cose. Il sito in questione mi ha portato a non scrivere il nuovo articolo ma a perdermi in quelle pagine virtuali. E’ una notizia sconvolgente, per me questa. Per me figlio del Sud, del Salento, scoprire che il regime fascista non avesse risparmiato la mia terra da tali brutture.
Andiamo con ordine il sito in questione è https://www.campifascisti.it/ e già dalla homepage si scopre che il progetto è un work in progress e quanto riportato è solo l’inizio.
“Lo stato fascista italiano si è avvalso di diversi strumenti e luoghi per imprigionare, segregare e deportare popolazioni straniere, oppositori politici, ebrei, omosessuali e rom”.
Il diverso e l’oppositore doveva essere riportato alla ragione o eliminato. Esistevano decine di campi di detenzione. Anche i giapponesi e gli angloamericani avevano i loro campi di prigionia mentre i nazisti avevano una predilezione per le camere a gas per far sparire il materiale umano.
“campi di concentramento per i civili sloveni e croati, a quelli dove furono deportati migliaia di eritrei, etiopi e libici, dalle località di internamento per ebrei stranieri, fino ai luoghi di confino per oppositori politici. L’obiettivo del nostro progetto è quello di raccogliere documenti, testimonianze, fotografie e altro materiale in modo da realizzare una mappatura il più completa possibile di queste centinaia di diversi campi o luoghi di internamento”.
Il mio consiglio è sfruttare il motore di ricerca interno al sito e scoprire che nella bella Puglia vi erano 22 luoghi di detenzione così suddivisi: quattro campi di concentramento (Alberobello, Gioia del Colle, Isole Tremiti e Manfredonia), due carceri (Bari e Trani ove vi era il carcere femminile), cinque campi per prigionieri di guerra (due ad Altamura, Gravina, Torre Tresca in provincia di Bari e uno a Tuturano alle porte di Brindisi), un luogo di confino alle Isole Tremiti (anche se quello più famoso è quello di Ventotene per ben note vicende europee) e ben nove campi di lavoro per prigionieri di guerra (Brindisi, Carovigno, Cellino San Marco, Foggia, Grottaglie, Minervino Murge, San Pancrazio Salentino, Scorrano e Ugento).
Attratto da queste due ultime località, tipicamente salentine, scopro che 50 prigionieri di guerra cadauno erano al servizio di due distinte aziende agricole che presumibilmente avevano al loro interno anche il personale, armato, necessario a tenere a bada i 50 prigionieri. I 100 uomini provenivano dal campo di prigionia n. 85 di Tuturano e presumibilmente lavorarono a Scorrano e a Ugento 12 mesi (marzo 1942 e marzo 1943). A Scorrano 50 prigionieri prestavano servizio presso l’azienda agricola Duca Battista Guarini mentre gli altri 50 prigionieri presso l’azienda dei fratelli Colossi ad Ugento.
Le fonti citate dal sito sono l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e sarebbe cosa buona e giusta che si iniziasse riscoprire certe memorie per non dimenticare. Sembra banale ma se dimentichiamo rischiamo di ritrovarci, di nuovo, con dei campi di concentramento dietro casa o accanto al parco che frequentiamo insieme ai nostri figli.
Francesco Cappello