“Scemo di guerra” chi non ha mai utilizzato questo modo di dire, offensiva, nei confronti di qualcuno. Quando siamo bambini, e alcune volte anche da adulti, si usano spesso frasi e modi di dire che abbiamo sentito chissà dove che poi ripetiamo senza capire il loro reale significato. Capita, poi, che tali modi di dire ce li portiamo nel nostro bagaglio culturale. “Scemo di guerra” o “Scema di guerra” è uno di questo, è un modo di dire che chiunque, almeno una volta nella vita avrà detto o sentito dire e in quel momento ci è sembrato naturale. Ma da dove viene questa offesa?
Il 2018 ricorre il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, sei milioni di italiani furono chiamati alle armi con 680mila caduti. Due milioni e mezzo furono i feriti e 463mila rimasero invalidi e/o mutilati. Di questi, durante il conflitto, migliaia furono i ricoverati per disturbi mentali nei reparti psichiatrici. Erano soldati che oggi potremmo definire affetti da sindrome post traumatica. Soldati estraniati, muti, simili ad automi dai muscoli rigidi. I corpi erano pervasi da tremori irrefrenabili, ipersensibili al rumore e vivevano in continuo stato di catatonia. Circa 40mila uomini, quelli più gravi, finirono chiusi nei manicomi del Regno d’Italia, gli altri, che presentavano sintomi più lievi furono congedati e lasciati tornare alle loro case. Sfortunatamente in quelle condizioni questi soldati tornati alle loro famiglie non trovarono condizioni ottimali, la guerra era stata sì vinta ma con forti sacrifici e dopo averla glorificata non si poteva accettare che essa comportasse anche la creazione di “scemi”, di giovani uomini che in quattro anni avevano subito un trauma che li aveva segnati per sempre. La società non era pronta e li marchiò come scemi di guerra.
Un video esplicativo condiviso da TikTok sugli “scemi di guerra”.
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Francesco Cappello