Siamo arrivati all’ultimo atto. La Bers (Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo) ha concesso, nei giorni scorsi, al consorzio TAP (Trans Adriatic Pipeline) un prestito diretto di 500 milioni di euro che sommate ad altre garanzie raggiunge il miliardo e 200mila euro. Il gasdotto che approderà a San Foca proveniente dall’Azerbaijan costerà, nella sua totalità, alla collettività europea ben 4 miliardi di euro. Il rappresentante italiano che fa parte del consiglio dei direttori della Banca Europea, pare non abbia alzato nemmeno la manina per affermare la sua contrarietà, nonostante a Roma governi un movimento che prima delle elezioni del 4 marzo 2018 aveva promesso di fermare il progetto, subito dopo il voto, se fossero andati a governare. Addirittura la cosiddetta “Tigre di Carta”, qualche giorno prima delle consultazioni elettorali, era venuta a Melendugno a sottoscrivere l’impegno davanti a telecamere e simpatizzanti. Questi signori 5 stelle, invece, hanno disatteso la promessa elettorale e d’altronde come dargli torto se già all’indomani del nuovo governo Conte la stessa ministra per il Sud, Barbara Lezzi, novella Teresa Bellanova, raccontava di come fosse difficile fosse fermare un progetto già approvato con accordi e trattati internazionali sottoscritti allegramente dal governo precedente. A Melendugno questi signori 5 stelle hanno preso una valanga di voti promettendo di difendere il territorio, promettendo che tutto sarebbe finito il 5 marzo e invece come nella migliore tradizione dei politici di lungo corso questi signori si sono piegati agli affari e alle esigenze della strategicità dell’opera senza riuscire a leggere veramente le carte e magari anche a capirle oltre che a usarle per il bagno. E ora? Il comitato NoTAP grida al tradimento, altri attivisti gridano allo scandalo, altri ancora, sicuramente, riusciranno a giustificare e a perdonare questo comportamento scandaloso dei pentastellati addossando la colpa a qualcun altro non capendo che alla fine dei conti il Movimento 5 Stelle è stato solo un gigantesco inganno.
Francesco Cappello