“Lu scanzamurieddhru” è un folletto che ha popolato l’immaginario dei nostri nonni e dei nostri genitori e fa parte del folklore salentino. Ancora oggi, ogni tanto, qualche persona più anziana esclama “è stato lu scanzamurieddhru”.
La leggenda narra che lo scanzamurieddhru (con la N) o scazzamurieddhru (con la Z), dipende da quale regione linguistica salentina provenite, sia un omino piccino e bruttarello alto circa 90cm senza scarpe e con un cappello rosso in testa. Vispo e dispettoso aveva una passione quasi morbosa per il suo cappello. Si aggirava soprattutto la notte facendo piccoli dispetti ai poveri abitanti dei paesi del Salento. Per esempio legava il crine e le code dei cavalli. Saltava sul petto o sulla pancia dei poveri contadini mentre dormivano. Il folletto passava la notte cercando vittime da tormentare e a cui affliggere i suoi scherzi dispettosi. La leggenda narra che se un malcapitato, al suo risveglio, riusciva a rubare il cappello allo scanzamurieddhru questo, pur di riaverlo, diventava docile come un agnellino. Era addirittura disposto ad esaudire un unico e solo desiderio per riavere indietro il suo berretto rosso. Le uniche persone con le quali lo scanzamurieddhu sembrava andare d’accordo erano le fanciulle, che difendeva dalle prepotenze, e i bambini a cui donava dolci e monete. Mentre con gli adulti, come detto, riservava un comportamento molto dispettoso.
Mia nonna mi raccontava che una famiglia, stanca dei suoi continui dispetti, aveva deciso di cambiare casa pensando che lo scanzamurieddhru fosse legato all’abitazione. Quindi caricò tutto ciò che aveva sul carretto (“thràinu”), avevano poche cose quindi il carretto bastava e iniziarono il trasloco dirigendosi verso una nuova, povera, casa. Durante il tragitto una donna che li incontrò chiese alla famiglia dove stessero andando con tutte le loro masserizie e lo scanzamurieddhu, prima che qualcuno della famiglia tormentata potesse rispondere, gelò tutti ed esclamò contento che stavano cambiando casa. La famiglia in questione capì che il trasloco sarebbe stato inutile e i tormenti non sarebbero passati e tornarono indietro verso la loro vecchia casa. La morale te lu cuntu (del racconto) è che se pensi di scappare dalle tue responsabilità o dai tuoi problemi questi ti seguiranno e ti tormenteranno come il folletto con il suo berretto rosso.
Un’ultima cosa. Circa 20 anni fa a Borgagne un manipolo di giovani fondò un giornale chiamato proprio Lu Scanzamurieddhru e ringraziamo Albano Innocenzio che per alcuni anni lo ha fotocopiato in proprio.