Gasdotto TAP a Melendugno: ecco perchè potrebbe essere pericoloso. L’inchiesta

Nel settembre 2014 l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, ribadì che il gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline) era un’opera ineluttabile che sarebbe ricaduta nel territorio di Melendugno. A tre anni di distanza, quello stesso uomo, segretario del Partito Democratico, aspirante per il secondo mandato a Presidente del Consiglio, ha auspicato l’accelerazione sulla costruzione del gasdotto a San Foca e di conseguenza del PRT a Melendugno. Di contro il gasdotto TAP, dichiarato strategico dall’Europa, è invece inviso e osteggiato dalla popolazione salentina.

Ci siamo spesso occupati di questa grande opera proveniente dall’Arzebaijan e che porterà in Europa fino a 20 miliardi si mᵌ di gas metano all’anno.

Ma perchè questa opera di energia pulita è tanto combattuta dalla popolazione locale? Il gas azero è più pulito del carbone che alimenta la centrale elettrica Federico II di Cerano in provincia di Brindisi. Questo articolo è quindi dedicato al sig. Matteo Renzi e a tutti quei politici che si sorprendono del fatto che questa grande opera sia fortemente ostacolata dalla popolazione locale, talmente contrastata che per spostare di 5 km poco più di 200 alberi di olivo, nel periodo tra marzo e luglio 2017, hanno dovuto militarizzare un intero territorio.

Questo articolo è anche dedicato a tutti coloro che non credono che il gasdotto TAP e il PRT (la centrale di depressurizzazione), che sarà costruito alle porte di Melendugno, possa essere pericolosa. E’ dedicato a coloro che fino ad ora hanno sempre sostenuto che “tanto è solo un tubo”, che finchè non passa dietro casa non è pericoloso e che è un problema solo di Melendugno e San Foca dove il gasdotto deve sbarcare. E’ dedicato a chi pensa che il gasdotto TAP sia un’opportunità di lavoro.

Il gasdotto TAP riguarda tutto il Salento, almeno secondo quanto riporta la perizia giurata firmata dall’ing. Alessandro Manuelli, membro della commissione comunale sul gasdotto TAP. Nella “nota tecnica riguardo la sicurezza riferita alla formazione di UCV (Nubi di vapore non confinate) nel progetto gasdotto TAP” si legge che è prevista la costruzione di due torce alte 10 metri (più una terza che sarà costruita da Snam) “che serviranno per il repentino raggiungimento della pressione atmosferica e raffreddamento della temperatura del gas”. La depressurizzazione sarà effettuata sia per manutenzione, che per motivi di emergenza producendo “un’onda acustica estremamente rilevante in grado di procurare danni all’apparato uditivo degli esseri viventi nelle vicinanze”.

La pressione del gas espulso da queste torce è di 25 bar e la temperatura raggiunta è pari a meno 90° a seguito della velocità di depressurizzazione. Ma tanto è solo gas metano, che ti da una mano, cosa c’è di pericoloso in una risorsa energetica pulita e strategica?

Sempre dalla nota tecnica, a firma dell’ing. Manuelli, l’espulsione di tali quantitativi di gas provoca la formazione di nubi ad alta pericolosità incendiaria, tale da poter essere innescata con estrema facilità. E potrà comportare, nel caso di incidente, e quindi di innesco della nuvola di gas, l’ustione di secondo e terzo grado. Mentre in caso di deflagrazione, l’esplosione sarà superiore alla bomba di Hiroshima. La possibilità di formazione di tali nubi dipende ovviamente dalla configurazione del terreno, dalle condizioni atmosferiche, dai venti, dalle modalità operative, dalle caratteristiche del gas, dalla presenza di edifici che possano portare a confinamenti. La nube che potrebbe formarsi potrà “andare a passeggio” per il Salento per un raggio di 60km, a seconda del vento, che in quel momento spirerà su Melendugno, potrà prendere la strada verso Santa Maria di Leuca oppure verso Gallipoli o ancora, verso Brindisi. Questo scenario, ovviamente, è il più sfavorevole descritto nella nota tecnica, ma quello meno fosco parla comunque di una nube, sempre infiammabile, che nelle sue dimensioni minori si sposta di 4-6 km.

Questa nube che può svilupparsi sulle nostre teste ha lo stesso “principio” delle bombe FAE (Fuel Air Explosive) che rappresentano l’applicazione militare delle esplosioni di vapori e polveri che tanti incidenti provocano nelle industrie.
Queste esplosioni sono un ben noto fenomeno nelle miniere di carbone, nei silos di granaglie e nelle industrie che lavorano legno o carta. Tutti questi prodotti liberano delle minuscole particelle che, per effetto di correnti d’aria, formano una nuvola in un ambiente chiuso. Se si raggiunge la giusta concentrazione rispetto all’ossigeno, questa miscela di aria e polvere esplode violentemente.
Le Bombe FAE, in Russia sono chiamate “bombe a vuoto”, sono più efficaci degli esplosivi tradizionali per abbattere persone nascoste nei rifugi e nei bunker. L’esplosione agisce contro civili all’aria aperta, materiale di equipaggiamento, veicoli, aerei a terra, ripari di ogni genere, serve per creare varchi in campi minati, per creare spazi di atterraggio per elicotteri, per distruggere nuclei di resistenza nel combattimento negli abitati, un antenato delle FAE furono le bombe Cluster usate nella guerra del Vietnam. Le bombe FAE distruggono ogni tipo di vegetazione e cultura.

Per esempio le mine anticarro, con tecnologia FAE, di fabbricazione italiana, prodotte da MISAR, Valsella e Technovar, sono formate da un contenitore di liquido (ossido di etilene o metano) e da due cariche separate.
Dopo che la carica è lanciata o sparata, la prima carica fa esplodere il contenitore e disperde il liquido in modo da formare una nuvola con l’aria. La nuvola circonda oggetti e penetra in strutture. La seconda carica fa deflagrare la miscela o aereosol. L’esplosione agisce sulle persone provocando gravi lesioni interne, specialmente ai polmoni, e gravi bruciature. Le vittime inalano i vapori infiammati e, anche in caso di mancata esplosione, i vapori sono altamente tossici.

Ma non è che per caso il gas proveniente dall’Arzebaijan, che sbarcherà a San Foca, ha una composizione chimica molto simile alle bombe FAE?

Francesco Cappello

Orietta Ferriero

Lasciaci un commento