15 aprile 2016 – Non esiste quasi nessuno dei miei contatti italiani di Facebook che con posizioni diverse e con metodi diversi (post, “mi piace”, condivisioni) non abbia affrontato negli ultimi mesi l’argomento referendum.Scrivo pure io il mio punto di vista. Vorrei che prestassero attenzione soprattutto due tipologie di possibili lettori: coloro che abitano in regioni non bagnate dal mare e coloro che dicono: “anche se andiamo a votare non cambia nulla” (scoraggiati, giustamente, dalla considerazione che il Parlamento con diverse maggioranze ha avuto dei risultati referendari negli anni, ignorandoli completamente).
Ogni scelta deve essere motivata e giustificata. Il mio è un SI motivato. Un SI che non affronta discorsi campanilistici o individualisti (come comunità salentina o pugliese).
Restiamo realisti. Il progresso, l’avanzamento delle tecnologie sono qualcosa di fantastico, che non permette di tornare indietro e pochi di noi (non il sottoscritto di certo) lo vorrebbero. Amiamo spostarci, comunicare, vivere, avere il nostro comfort e svolgere le nostre attività secondo gli standard cui siamo abituati e per questo abbiamo bisogno di energia.
Il punto di partenza è un concetto di cui si sente molto parlare, ma che mediamente pochi conoscono, ovvero lo “sviluppo sostenibile”.
Quando si parla di sviluppo sostenibile, si parla di un progresso della civiltà (sviluppo appunto) in cui ogni generazione non consuma le risorse del pianeta destinate alle generazioni future.
L’aggettivo sostenibile, indica che questo può progresso può essere sostenuto dal non intaccamento delle risorse del pianeta. Ognuno consuma la porzione che gli spetta.
Tutto il mondo si sta muovendo verso scelte energetiche sostenibili. Se il grande progresso degli ultimi venti anni sono state le telecomunicazioni, il settore chiave dei prossimi decenni sarà lo sviluppo delle fonti energetiche sostenibili e l’Italia con la firma di trattati e protocolli internazionali si è ufficialmente impegnata in questo senso.
Una logica conseguenza della scelta di “sviluppo sostenibile” è che questa è antitetica all’esaurimento di giacimenti petroliferi.
Non si può da un lato parlare di sviluppo sostenibile e dall’altro investire per prosciugare i giacimenti (ciò che accadrebbe se vincesse il NO). Bisogna capire che politica energetica vuole seguire il nostro Paese e fare scelte conseguenti.
L’Italia nella pratica non ha mai avuto una seria politica in merito alle fonti rinnovabili. Oggi il nostro presidente del consiglio va negli USA a glorificarsi che le centrali solari siano costruite da ENEL e non si vergogna del fatto che in Italia ENEL una centrale del genere non la può costruire perchè si preferisce realizzare opere come TAP, definite strategiche per il paese oppure si preferisce esaurire i pozzi di petrolio entro le 12 miglia. I barlumi di sviluppo sostenibile che si sono avuti negli scorsi anni hanno favorito soprattutto speculatori stranieri (il fotovoltaico gestito malissimo ha spostato enormi capitali su investitori stranieri, cinesi e tedeschi in primis).
In generale le fonti energetiche rinnovabili sono state trattate da tutti i politici come una bandiera da sventolare alle elezioni, non se ne è mai parlato in maniera organica e seria, come invece è avvenuto in altri paesi. Il mio SI al referendum è un’espressione di coerenza con lo sviluppo sostenibile, è una logica conseguenza.
Il nostro paese ha bisogno di energia e non si può dire di no a tutto, ma il mio SI al referendum è anche un sì allo sviluppo alternativo, un SI alle piattaforme eoliche anche nelle nostre campagne ed anche off-shore, un sì a progetti di teleriscaldamento, a tangenziali e parcheggi ricoperti da moduli fotovoltaici, sempre meno impattanti, a tecnologie che sono ancora solamente allo stato embrionale, un sì ad un’economia basata sulla produzione di energia nel vero rispetto ambientale e che produca ricchezza in Italia, è un sì a elementi che possono visivamente disturbare alcuni, magari antiestetici, ma necessari, perchè il bisogno energetico resta.
Leggevo sulla bacheca Facebook di qualcuno, non ricordo di chi, che la Norvegia grazie alle piattaforme petrolifere mantiene il suo welfare. Con questo referendum, in caso di vittoria del NO o di mancato quorum, le piattaforme petrolifere italiane resterebbero nelle condizioni attuali. Non mi sembra che abbiamo sto grande welfare grazie ad esse, quindi il confronto è alquanto inopportuno.
La vera moneta di partenza, il bene principale di una comunità è la produzione di energia: chi detiene energia, batte le carte.
Non ci sarà mai progresso nello sviluppo delle energie pulite, fino a quando non si limiterà drasticamente l’uso di quelle fossili. Solo allora, la necessità sarà la molla per lo sviluppo in questo settore. Le fonti rinnovabili potrebbero davvero creare un indotto notevole qui e con una produzione di energia qui nel nostro paese, perché i barlumi ci sono stati. Come si può pensare di rinunciare alle sfide del progresso tecnologico in materia di energia a vantaggio dello sfruttamento a oltranza delle fonti fossili?
Il mio SI perciò è visto nell’ottica non del melendugnese (mezzo borgagnese con parziale sangue calimerese), del salentino o del pugliese, ma dell’Italiano che ha bisogno di un piano energetico nazionale razionale, moderno e sostenibile davvero e che deve perciò basarsi su alternative valide alle fonti fossili e in questo quadro, in questa visione ampia e globale, l’unica risposta possibile al quesito referendario, coerente con questo disegno in cui l’Italia ha già contratto impegni a livello internazionale, è SI.
Infine, per quanto rari, gli incidenti anche su queste piattaforme sono sempre possibili.
Restando sul piano del mero denaro, si riescono a immaginare le conseguenze economiche di un simile disastro?
Settore turistico azzerato, fondi per calamità pagati da tutti i contribuenti, interventi straordinari con proliferare di tangenti, mazzette e tutte le strategie ben collaudate in questo paese nei momenti di emergenza (basta ricordare L’Aquila). Allora chiedetevi a chi conviene il NO.
Si tratta di un puro ragionamento economico e forse, se vince il SI, magari anche qualche contribuente lombardo rischia meno.
Buon voto a tutti
Rosario de Giorgi