(1 febbraio 2012) BANGKOK – Il governo Thailandese ha adottato sin da subito la nuova politica censoria di Twitter tanto che il Ministro dell’informazione e della comunicazione, Jeerawan Boonperm, ha dichiarato che presto saranno avviati contatti con il social network per “discutere i metodi di collaborazione”.
Twitter sin dalla sua nascita, nel 2006, si è dimostrato il mezzo preferito per cinguettare liberamente e i tweet erano sinonimo di libertà di espressione. Da qualche giorno si è avuta la svolta, e twittare non è più sinonimo di libertà di espressione poichè i vertici del microblogging hanno adottato una nuova politica sulla censura per adeguarsi alle leggi dei vari Paesi del mondo dove non sempre vige la libera espressione delle idee. La Thailandia ha da subito plaudito a questo nuovo modello poichè è uno strumento in più per la lotta ai dissidenti politici. La censura thailndese dal 2006 ha bloccato oltre 74mila siti che non rispettavano le linee guida del governo.
La nuova politica di Twitter prevede che un tweet, postato in Thailandia, in Cina o in qualunque altro Paese dove vige la censura, potrebbe essere bloccato su richiesta del governo a cui dà noia, di un’azienda che non ha gradito o di un singolo cittadino che si senta offeso. Ma mentre il tweet in questione non potrà più essere visibile in Thailandia, Cina o Iran (censura localizzata) lo stesso post potrà invece essere visibile in qualunque altro Paese dove vi è la libera circolazione delle idee. Non c’è quindi nulla da stupirsi se Paesi come Thailandia, Cina o Iran le nuove regole di Twitter siano state accolto con favore, in fondo in paesi sono solo, rispettivamente, 137esimo, 174esimo e 175esimo nella classifica diffusa da Reporter sulla libertà di espressione nel 2011/2012.
Francesco Cappello
fonte: QI