TAP: storia di uno scellerato progetto in dieci parti. Parte terza

20 luglio 2015 – In questa nuova veste grafica del nostro giornale online continuiamo con la pubblicazione di Tap, storia di uno scellerato progetto in dieci parti. Oggi viene pubblicata la terza parte che come sottotitolo, imposto dallo stesso autore, “della procedura autorizzativa”. In seguito alla Conferenza di Servizi del 3/12/2014 con atto del 26/1/2015 il Ministero Sviluppo Economico ha rimesso gli atti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per il coordinamento amministrativo, ufficio per la concertazione amministrativa e il monitoraggio, ai sensi dell’art. 14 quater, comma 3, della legge n° 241 del 1990 e successive modificazioni.

In sede di Conferenza di Servizi presso il MISE del 3/12/2014 però era emersa la contrarietà al progetto del Ministero dei Beni Culturali, della Sovraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le provincie di Lecce, Brindisi e Taranto, della Regione Puglia e del Comune di Melendugno.

Ai sensi dell’ Art. 5 c.2 lettera c) bis della Legge 400/88, pertanto, essendo indeflettibile e preliminare alla ricerca di un intesa Stato-Regione, la risoluzione del contrasto tra i diversi organo statuali che hanno, in sede di conferenza di servizi, espresso parere contrastante, la Presidenza del Consiglio avrebbe dovuto prima risolvere il contrasto tra Mibac e Sovraintendenza da una parte e Ministero Ambiente e Ministero Interno dall’altra e successivamente procedere alla costituzione del comitato paritetico ex. Art. 52 quinqies comma 6 del DPR 327/2001.

Nel merito della procedura adottanda, inoltre si evidenzia quanto segue:

a pag. 5 del provvedimento di remissione degli atti alla Presidenza del Consiglio del 22/1/2015, all’ ultimo capoverso si legge :”l’art. 57 del decreto legge 9 febbraio 2012 n. 5 convertito dalla legge 4 aprile 2012 n. 35 al comma 3 bis, introdotto dalla legge n. 190 del 2014 (c.d. legge di stabilità 2015) recita “in caso di mancato raggiungimento delle intese si provvede con le modalità di sui all’art. 1, comma 9 bis, della legge 23 agosto 2004 n. 239, nonché con le modalità di cui all’articolo 14 quater, comma 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241”.

Orbene, l’Art. 57 DL 9/2/2012 n° 5 non è applicabile nel caso de quo poiché esso si riferisce (come si legge nel comma 1) specificatamente e testualmente a:

“a) gli stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali;

  1. b) i depositi costieri di oli minerali come definiti dall’articolo 52 del Codice della navigazione;
  2. c) i depositi di carburante per aviazione siti all’interno del sedime aeroportuale;
  3. d) i depositi di stoccaggio di oli minerali, ad esclusione del G.P.L., di capacità autorizzata non inferiore a metri cubi 10.000;
  4. e) i depositi di stoccaggio di G.P.L. di capacità autorizzata non inferiore a tonnellate 200;
  5. f) gli oleodotti di cui all’articolo 1, comma 8, lettera c), numero 6), della legge 23 agosto 2004, n. 239.

f-bis) gli impianti per l’estrazione di energia geotermica di cui al decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22.”

E’ pur vero che comma 2 di detto art. 57, ai fini delle autorizzazioni, allarga l’elenco di cui al comma 1 includendo anche “le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle localizzate al di fuori del perimetro delle concessioni di coltivazione”, ma è altresì evidente che le infrastrutture energetiche lineari e nello specifico i gasdotti non sono in alcun modo menzionati nell’elenco tassativo di cui sopra.

Pertanto il comma 3 bis dell’art. 57 del decreto legge 9 febbraio 2012 n. 5 è evidentemente riferibile e applicabile a fattispecie ben diverse dal gasdotto TAP.

Inoltre:

a pag. 6 primo capoverso del provvedimento in oggetto si legge: “la scelta del procedimento da adottare dipende dal fatto che la mancata intesa derivi da inerzia ovvero da motivato dissenso della Regione, trovando applicazione ai casi di inerzia il comma 6 del richiamato art. 52 quinquies DPR n. 327 del 2001 (come sostituito dal citato art. 1 comma 8 bis della legge n. 239 del 2004, introdotto dall’art. 38 del DL n° 83 del 2012, convertito dalla legge n. 134 del 2012) e agli altri casi il comma 3 dell’art. 14 quater legge n. 241 del 1990.

Anche detto assunto appare illegittimo e contraddittorio, poiché si dà per scontato che:

  • nel caso di mancata inerzia di applichi il comma 6 dell’art. 52 quinquies DRP 327 del 2001 come sostituito dall’art. 38 del DL n° 83 del 2012, convertito dalla legge n. 134 del 2012;
  • negli altri casi il comma 3 dell’art. 14 quater legge n. 241 del 1990.

In realtà nel caso de quo, innanzi tutto, non ci si trova nell’ ipotesi di inerzia, avendo in sede di conferenza di servizi la Regione espresso il proprio dissenso motivato.

Né può supporsi che nel caso di mancato raggiungimento dell’intesa possa applicarsi il comma 3 dell’art. 14 quater della legge 241/90, trattandosi nel caso di specie di infrastrutture energetiche lineari ex. Art 52 bis comma 1 DPR 327/2001, e pertanto ad esse, per il disposto dello stesso art. 52 bis, vanno applicate le norme di cui al capo II del DRP 327/2001 e conseguentemente le disposizioni di cui al 6 dell’art. 52 quinquies del summenzionato DRP 327/2001 che per le infrastrutture energetiche lineari non risulta essere modificato e prevede:

“In caso di mancata definizione dell’intesa con la Regione o le Regioni interessate nel termine prescritto per il rilascio dell’autorizzazione, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione, si provvede, entro i successivi sei mesi, a mezzo di un collegio tecnico costituito d’intesa tra il Ministro delle attività produttive e la Regione interessata, ad una nuova valutazione dell’opera e dell’eventuale proposta alternativa formulata dalla Regione dissenziente. Ove permanga il dissenso, l’opera è autorizzata nei successivi novanta giorni, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con il Presidente della Regione interessata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro competente, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.”

Del resto non si può ritenere applicabile nel caso de quo il disposto di cui al comma 8 bis dell’art. 1 della Legge 23 agosto 2004 n. 239 poiché esso si riferisce ai casi di “mancata espressione … di atti di assenso o di intesa”, inerenti le funzioni di cui ai commi 7 e 8 del summenzionato art. 1 o ai casi di “mancata definizione dell’intesa” ma sempre inerenti alle funzioni dei commi 7 e 8 del summenzionato art. 1. Solo per questi procedimenti, e non per altri, le disposizioni del comma 8 bis si sostituiscono alle procedure di cui al comma 6 dell’art. 52 quinquies del DPR 327/2001. Arbitrario, non corretto, né veritiero sarebbe l’assunto che le disposizioni ex. comma 8 bis art.1 della Legge 23 agosto 2004 n° 239 abbiano abrogato il disposto di cui al comma 6 dell’art. 52 quinquies del DPR 327/2001 che per le infrastrutture energetiche lineari resta in vigore ed applicabile.

Ma vi è più. Scrutando il verbale del 24 marzo 2015 della riunione tenutasi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per il coordinamento amministrativo, si legge testualmente:

“Interviene il Comune di Melendugno sostenendo la non applicabilità del comma 3 bis introdotto dalla legge di stabilità 2015, in quanto detto articolo non riguarda i metanodotti. Rileva inoltre che il MISE, chiudendo il verbale di conferenza di servizi il 3 dicembre 2014, ha precisato che la conferenza era da intendersi chiusa sulla base della normativa vigente e il comma 3 bis predetto è entrato in vigore solo successivamente.

Il MISE precisa che il sopra citato comma 3 bis non è applicabile ai metanodotti e la sua citazione nella documentazione agli atti è stata fatta solo per indicare che anche il successivo intervento del legislatore sulla materia analoga ha confermato la correttezza dell’interpretazione adottata” …Praticamente il MISE conferma che la conferenza dei servizi non poteva essere tenuta ex comma 3 bis dell’art. 57 del DL 9/2/2012 n. 5 !!! Peraltro tale comma è sub judice presso la Corte Costituzionale a seguito di ricorso n° 35 del 5 marzo 2015 promosso dalla Regione Abruzzo a seguito di Deliberazione di Giunta Regionale 123/2015.

La redazione

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