Sacco nero spazzatura tra privacy, ambiente e smaltimento

Da qualche settimana, a Melendugno, la vecchia e cara Ecotenica, azienda di raccolta e smaltimento spazzatura è stata sostituita da un’altra azienda. Azienda nuova, regole nuove. La nuova azienda rifiuta categoricamente di ritirare il sacco nero della spazzatura. In più ha dato mandato agli operatori ecologici di applicare sui bustoni degli avvisi per allertare l’utenza del cambio epocale e imporre sacchi trasparenti, colorati, per visionare meglio l’indifferenziata e lasciarla sull’uscio di casa, se questa non rispetta i canoni di raccolta. Questa pratica ha avuto inizio in tutta Italia sin dal 2019 e Melendugno, per non essere da meno, si è adeguata alla nuova pratica. Da un paio di settimane i bustoni neri vengono rifiutati e i messaggi di conferimento “non conforme” si sprecano. Per far digerire le nuove regole sono state usate anche le varie testate locali e i social.

L’uso dei sacchi trasparenti e colorati, alcune volte, sono stati comunicati all’utenza da personale non proprio a modo minacciando verbali, se i contribuenti non si fossero adeguati senza fiatare. Tanto per intenderci nel nord-Italia i verbali per chi ha osato conferire un sacco nero si aggira intorno ai 600 euro.

Sfortunatamente l’uso di sacchi di plastica trasparente viola il diritto alla privacy. Eh sì, la privacy quella cosa tornata in auge dal 2016. Anche l’Europa si è accorta che qualcosa non andava e ha emesso una legge per tutelarla e proteggerla ulteriormente. Le buste nere garantiscono il nostro diritto alla riservatezza e alla privacy. Sembra una leggerezza; eppure, dalla spazzatura si possono sapere tantissime cose di una famiglia: quando mangia e cosa compra è solo uno dei tanti aspetti delicati. Analizzando un sacco trasparente che non garantisce la privacy un operatore, un vicino troppo curioso o un amico impiccione può sapere tutto di noi. Può sapere anche se ricevo beni di prima necessità che mi dona la Caritas. Beni che mi permettono di andare avanti, soprattutto in questi tempi di pandemia.

Cosa dice il garante sul sacco nero della spazzatura

Per garantire il diritto alla riservatezza il Garante della privacy ha dettato una serie di regole in materia di utilizzo dei sacchetti bio sulla raccolta differenziata:

  • sono vietati i sacchetti trasparenti quando la raccolta della spazzatura avviene «porta a porta», situazione che potrebbe consentire agli estranei di sapere non solo cosa c’è dentro la busta di plastica, ma anche a chi appartiene; nulla ha però detto sui sacchetti semitrasparenti e proprio su questa mancanza fanno affidamento le aziende.
  • Sono vietate le etichette adesive nominative sui sacchi dell’immondizia o sul contenitore dei rifiuti, soprattutto se questo è posto per la strada. Può essere utilizzato un codice a barre, un microchip o un dispositivo di identificazione per identificare il conferente;
  • le ispezioni e l’apertura dei sacchetti della spazzatura (che siano colorati, trasparenti o neri) sono possibili solo quando vi sono seri indizi che il cittadino abbia violato le regole sulla raccolta differenziata e, quindi, solo nei confronti di coloro che non hanno rispettato la normativa; sono invece vietate quando effettuate in via generale, con scopi preventivi o di generico controllo;
  • i controlli e l’apertura dei sacchetti della spazzatura possono essere fatti solo da personale autorizzato quali gli agenti della polizia municipale, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, dipendenti delle aziende municipalizzate ma solo presso la sede dell’azienda e non nella pubblica strada.

Tutto chiaro? E ora?

Ora ci sentiamo in dovere di dare alcuni suggerimenti agli operatori del settore, all’amministrazione e agli utenti finali.

Intanto chi indossa una pettorina gialla non si deve sentire un supereroe né può arroccarsi il diritto di minacciare niente e nessuno. E’ solo un dipendente di un’azienda privata che non può emettere verbali. L’operatore contribuisce a salvare il pianeta ma viene pagato per farlo. Noi, invece, veniamo vessati, minacciati e redarguiti come se fossimo tornati a scuola.

I sacchi neri sono brutti ed è il simbolo di spazzatura incontrollata ed è giusto che si tenti di arginare il fenomeno ma fino a quando nessuno li rende illegali le aziende continueranno a produrli e noi utenti nulla ci vieterà di acquistarli. Questo rifiuto di ritiro è dato dal fatto che i sacchi neri hanno un costo non indifferente per essere smaltiti. Costo che viene, però, spalmato nella TARI che paga sempre l’utente finale, costo non indifferente, tra l’altro.

Per garantire il diritto alla privacy e alla riservatezza non sarebbe male che l’azienda, in questo caso quella che opera a Melendugno, lanciasse una campagna di ritiro dei sacchi neri scambiandoli con altri sacchi che garantiscano, però senza ombra di dubbio, la nostra privacy. Per una volta potremmo essere copiati. In fondo nel territorio ci sono tanti cittadini che in questi anni se ne sono riforniti e leggendo qua e là sui social c’è anche chi ne acquistato 200 pezzi e non è detto che continuando a rifiutare i sacchi neri qualcuno non li lascerà incustoditi in aperta campagna.

Per salvare il pianeta dobbiamo lavorare tutti, e insieme rimboccarci le maniche. Non possiamo chiedere solo da un lato, le aziende, gli utenti finali e le amministrazioni considerando anche il pessimo periodo in cui stiamo vivendo. Se non si arriva ad un compromesso non è detto che qualcuno possa avere uno scatto d’ira o peggio qualcun altro non preferisca una denuncia all’autorità preposta per il mancato rispetto della privacy.

Francesco Cappello

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  1. Luigi Degaetani

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