Incontro con Pino Aprile e riflessioni sul Risorgimento

L’Italia è una Repubblica nata dalle ceneri del fascismo e tramite referendum costituzionale nel 1946. Ma prima ancora del ventennio fascista l’Italia era un regno governato da un Re che nominava dei presidenti del Consiglio dei ministri che cercavano di fare del loro meglio per portare avanti i loro interessi, quelli del Regno e magari anche quelli delle classi dominanti. Ma prima ancora del Regno d’Italia, nato nel 1861 tramite una guerra di indipendenza, la penisola italica era divisa in regni e ducati.

Nel 1860 Il Nord era diviso tra Regno di Sardegna (Piemonte, Savoia, Liguria e Sardegna), Regno Lombardo Veneto (Lombardia, Veneto e Friuli), Ducato di Parma, Ducato di Modena, Granducato di Toscana, Stato Pontificio (una parte della Romagna, le Marche, Umbria e Lazio) e Regno delle due Sicilie (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia).

Questo era grosso modo il quadro nel 1860, prima che i piemontesi intraprendessero la campagna per “liberare” gli altri ducati e Regni oppressi dai loro governanti e li annettessero al loro indebitato regno di Sardegna.

Nei giorni scorsi a Melendugno si sono svolti degli incontri per “svelare”, a chi aveva voglia di ascoltare, cos’era il regno delle due Sicilie, quel regno che all’epoca pre-risorgimentale aveva giurisdizione su Melendugno e sulla Terra D’Otranto provincia alla quale noi salentini appartenevamo. Il primo incontro si è avuto con Pino Aprile autore di alcuni volumi sull’Italia meridionale e sulla sua questione mai risolta.

Abbiamo incontrato Pino Aprile nel B&b “Clamarema” l’undici maggio 2019, e provocatoriamente gli abbiamo sottolineato come non ci sentiamo borboni ma italiani. Egli appassionatamente ha fatto un veloce excursus su tutte le genti che ci hanno invaso e hanno portato qualcosa nel nostro territorio. “Io sono borbone – ci ha risposto -, aragonese, svevo, normanno, angioino, arabo, veneziano, bizantino, messapico, greco”. Non abbiamo fatto in tempo a ribadire che siamo anche piemontesi e romani in quanto invasi e conquistati dal Regno di Piemonte nel Risorgimento e dall’impero Romano che dalle nostre coste partì per conquistare le terre d’oriente e la Grecia.

Nel convegno che si è tenuto lunedì abbiamo invece assistito alla performance di tre studiosi che si occupano di regno duosiciliano e In tempi in cui si parla di Stati Uniti d’Europa ha fatto quasi tenerezza ascoltare uomini e donne parlare del regno delle due Sicilie e di come fosse bello e produttivo vivere sotto il regno borbonico. Tutte le cose belle che facevano di Napoli un’ambita e ricca capitale europea poco collimavano, secondo il nostro punto di vista, con la povera gente che faceva la fame sotto Francesco II di Borbone e continuarono a farla anche sotto Vittorio Emanuele II.

Diverso è il discorso se cerchiamo di ricordare da dove veniamo e se riscopriamo le nostre origini e non crediamo ciecamente alla storia del risorgimento e della guerra di liberazione. Non sarebbe male se iniziassimo a farci delle domande sul perché per esempio, al nord i meridionali siano stati trattati sempre male, e da dove provenga tutto quel razzismo che ha accompagnato i nostri genitori e i nostri nonni. Sul perché le teorie di Cesare Lombroso per esempio, abbiano attecchito talmente bene da far associazione al termine meridionale l’accezione fannullone o perché i suoi studi sui crani dei briganti meridionali sia stata presa così alla lettera dal regio governo italiano appena costituito. Quando inizieremo a fare i conti con quel passato forse, effettivamente, si potrà pensare agli italiani.

Francesco Cappello

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