Come conquistare una nazione? Facile basta crearla su Internet

Come conquistare una nazione? É possibile secondo voi creare una nuova nazione? Ogni tanto qualcuno tenta di farlo e dà vita ad una micronazione o si autoproclama indipendente dallo status quo. Ma se vi dicessi che è possibile creare qualcosa di simile a quanto dato vita da Giorgio Rosa negli anni sessanta? Egli creò al largo di Rimini e al di fuori delle acque internazionali italiane, su una piattaforma, un nuovo stato riconosciuto, postumo, dalle Nazioni Unite.

Sul Guardian in un’intervista all’ex responsabile tecnologico di coinbase.com è spiegato come creare la propria nazione ed essere riconosciuti dagli altri organismi internazionali senza fare la fine, però, dell’Isola delle Rose che fu occupata militarmente dalle truppe italiane.

Balaji Srinivasan vuole usare i social network per creare gli Stati. E da essi tenere lontane cose come povertà, malattia e invecchiamento.

Ma come fare? É lo stesso Srinivasan a spiegarlo nel suo nuovo libro in cui presenta un nuovo modello di Stato digitale gestito nel cloud. Uno Stato della rete, come lo descrive Srinivasan, è fondamentalmente un gruppo di persone che si riunisce su Internet e decide di fondare un Paese. Con una rete sociale che li connette, un leader che li unisce e una criptovaluta per proteggere i loro beni. Un Paese che si comporta da Stato in tutto e per tutto con proprie leggi, servizi sociali e tutto il resto. Un network state è un Paese che “chiunque può avviare dal proprio computer, iniziando a costruire un seguito“, in fondo è lo stesso principio delle criptovalute.

Le criptovalute, come bitcoin, hanno dimostrato come un numero sufficiente di persone crede nel valore di un’idea che vale trilioni di dollari. E, nell’era dei social network, milioni di persone anonime possono riunirsi in gruppi che agiscono e si coordinano tra loro; basti pensare a Gamestop.

Secondo Srinivasan la cosa andrebbe in questo modo: una persona su Twitter decide di fondare una nuova Nazione. Lancia l’idea e inizia a raccogliere reclute. Mette insieme una dichiarazione di visione e un elenco di valori, e ben presto le persone iniziano ad aderire e a dirlo agli amici. Inizia come un social network.

Mettendo insieme i propri soldi e prestando le loro competenze, la comunità inizia a sviluppare servizi sociali e a generare una propria mini-cultura, fornendo, in teoria, cose come l’assistenza sanitaria, l’assicurazione, i passaporti e le feste a base di droga. Con qualcosa di simile a un ibrido tra Twitter e Discord, potrebbero connettersi, condividere idee e votare (pensate a un voto positivo e negativo sulla vostra legislazione preferita). E con una valuta come il bitcoin, potrebbero controllare la propria massa monetaria e proteggere i propri fondi dall’invasione dei governi. All’inizio acquisterebbero piccoli appezzamenti di terreno, in un qualche angolo sperduto, e alla fine comincerebbero a migrare in città prescelte creando veri e propri quartieri che, secondo Srinivasan, faranno a gara per acquisire questi nuovi coraggiosi cittadini digitali.

Per far sì che ciò accada, non è necessario combattere guerre o violare leggi. Con leader rockstar a tracciare il loro cammino e a negoziare sul palcoscenico internazionale, questi nuovi Stati otterrebbero lentamente ma inesorabilmente diritti e riconoscimenti, fino a staccarsi definitivamente dai loro Paesi d’origine.

Secondo voi potrebbe funzionare? I gruppi Facebook potrebbero rappresentare il brodo primordiale per tante piccole micronazioni?

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