Sonia Petrachi ci ha lasciato.
Non eravamo vicini politicamente, ma chi se ne frega. Era una persona che ci metteva l’anima, sempre.
Nel lavoro, nelle battaglie, nelle parole. E ci ha messo l’anima anche stavolta, fino alla fine.
Non mi piacciono questi articoli, quelli che cercano di sistemare tutto con le frasi giuste.
Perché non c’è una frase giusta quando una persona come Sonia se ne va.
Resta solo un silenzio pieno, e il ricordo di chi, in qualunque modo la pensasse, non poteva non volerle bene.
È difficile scrivere di una persona che conosci, che non sta bene, che è arrivata alla fine del suo percorso su questa terra.
È difficile perché le parole si mescolano ai ricordi, e i ricordi si accavallano, lasciandoti senza fiato.
Cosa scrivi? Un coccodrillo? No, non è possibile. Rimandi, con la speranza che non serva, o che almeno il tempo ti aiuti a trovare le parole giuste.
Ma il tempo, a volte, non aiuta.
E allora restano gli sguardi, i gesti, la gentilezza discreta di chi non cercava di farsi notare ma lasciava il segno.
Aveva 54 anni, e una vita che avrebbe meritato più tempo.
Ha lottato contro un male che non dà tregua, con una dignità che resterà impressa in chi l’ha conosciuta.
Non servono molte parole, solo un grazie.
Per ciò che è stato, per ciò che ha dato, per la presenza silenziosa che ora lascia, un vuoto grande.
Ciao Sonia
Francesco Cappello