Oggi 10 anni di iscrizione all’albo dei giornalisti pubblicisti

Sono passati dieci anni dalla mia iscrizione all’albo dei giornalisti pubblicisti anche se sul tesserino risultano 11 bollini. E sì perchè dovete sapere che ogni anno l’ordine invia agli iscritti, dopo versamento della quota annuale entro il 31 gennaio, un bollino da applicare. I più anziani ricorderanno che un tempo sulla patente si applicava una marca da bollo per validare il documento. Ecco il bollino ha la stessa funzione. albo dei giornalistiSenza corsi di aggiornamento e senza crediti non si ha la possibilità di pagare l’iscrizione all’ordine e di conseguenza niente bollino (vedi foto).

Dieci anni sono passati da quel 5 marzo 2012 e ne è passata di acqua sotto i ponti. Prima la collaborazione con due quotidiani nazionali di cui uno scomparso e poi qui, sul mio melendugno.net che fa parte de Il Portale del Salento, testata registrata in tribunale.

Ricordo come fosse ieri quando mi arrivò il materiale che attestava la mia iscrizione all’ordine della Puglia. Emozionato composi il tutto e pubblicai la foto su Facebook. Non amo autocelebrarmi e  autocompiacermi ma debbo dire che ho resistito. E proprio ieri insieme ad una persona cara ho ricordato la prima inchiesta in cui siamo stati coinvolti. In quell’occasione collezionammo migliaia di commenti e un paio di diffide.

E sì perchè fare il giornalista come lo faccio io, senza un grande gruppo editoriale alle spalle è difficile. Non c’è nessuno che ti “protegge” e se si incappa in un disguido o in qualcuno che non gradisce ciò che scrivi la querela/diffida è sempre dietro l’angolo. É vero che l’ordine dei giornalisti dovrebbe proteggerci ma preferisco non scoprire che sia troppo gravoso attivare la procedura.

In questi 10 anni tante sono state le pec di minaccia, le mail che mi consigliavano cosa “eliminare” dal sito. Ho anche fatto conoscenza degli uffici della polizia postale e qualche altra volta l’avvocato mi ha prontamente risposto. Posso dire che nel carnet ho anche qualche minaccia verbale e qualcuno si è sentito in dovere di dirmi cosa ho sbagliato e cosa non scrivere mai più. Ma sono cose che ognuno di noi deve mettere in conto e soprattutto sono cose da niente in confronto a penne più quotate.

Per questa data epocale ho coinvolto un’amica, una collega, Anna Rita Fasano, e le ho chiesto chi ce lo fa fare in un’epoca dove tutti si sentono in diritto di definirsi giornalisti solo perchè scrivono sui social network.

E lei con con quel sorriso che la contraddistingue mi ha guardato e mi ha incoraggiato a proseguire nel nostro cammino. Le ho chiesto cosa l’ha convinta ad intraprendere questa strada e lei mi ha raccontato che uno dei primi regali ricevuti è stata una macchina da scrivere giocattolo.

«Un segno del destino? Forse, perché crescendo a farmi compagnia ci sono state due passioni quella per lo sport e quella per la scrittura. Spesso ritagliavo gli articoli di giornale che mi interessavano e li facevo diventare delle vere e proprie raccolte. Ricordo ancora l’emozione per la mia prima intervista per il giornale del liceo, le pagelle dei giocatori del torneo scolastico fino ai pezzi sulle testate locali – continua Anna Rita -.
Tanti anni di sport a 360 gradi: dalla pallavolo alla vela, dal calcio all’hockey su pista, dalla ginnastica ritmica al nuoto.
Sport, ma non solo perché pian piano sono arrivati anche i pezzi di cultura, sociale, musica e teatro.
Cosa mi è piaciuto di più in questi anni? Raccontare tutto l’impegno e la fatica che ci sono dietro a ogni traguardo, sportivo e non. Far conoscere non solo l’artista o l’atleta, ma soprattutto come ciascuno di loro è arrivato a quel risultato.
Essere giornalisti infatti per me significa, oggi come ieri, essere curiosi, voler sapere di più, leggere e approfondire senza dimenticare mai che tutto di ciò di cui scriviamo sono le persone ed è dalle notizie, ma anche dalle loro vicende che occorre partire».

Un augurio a tutti i colleghi che con dedizione e impegno proseguono su questa strada, costellata da tanti ostacoli ma che alcune volte regala anche qualche soddisfazione.

Francesco Cappello

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