La propaganda e la paura al tempo del Covid-19. Riflessioni personali

Il paesaggio è così surreale, paesi fermi, statici come uno scatto fotografico e questo da quando il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha chiesto agli italiani di stare a casa a causa del Covid-19. Da quel giorno i paesi e le attività commerciali sono stati congelati. Funzionano solo farmacie, parafarmacie e negozi di beni essenziali che sono sempre pieni, dove c’è sempre la fila, paziente, di formichine spaventate munite di dispositivi di protezione che mantengono, diligentemente, le distanze interpersonali. Durante il giorno pochissimi sono i cittadini che lasciano la loro abitazione. Altri si inventano mille cose pur di passare il tempo. Chi non sa come passarlo cerca di ammazzarlo, il tempo, e spesso ha difficoltà a dormire e fa ricorso a medicinali e tranquillanti per cercare un po’ di riposo. Ci sono anche tanti che si inventano mille scuse pur di farsi quattro passi, in auto o a piedi, ma il sistema di repressione funziona a meraviglia ed è facile farti sentire in colpa. E chi non si convince ci sono gli esempi lampanti e condivisi a manetta, che devono convincere i più riottosi e caparbi a non uscire da casa come quello di ieri del ciclista che si è gettato in acqua, inutilmente, pur di evitare il riconoscimento e il verbale per non aver rispettato le norme sul contenimento.

La notte è ancora più inquietante. Chi abita nei pressi di una strada ad alta viabilità come il sottoscritto, farsi cullare dai rumori delle auto che passavano era un modo come un altro per riuscire a dormire ma ora quel rumore di sottofondo manca. D’estate era un continuo via vai e d’inverno le auto sono state una costante fino a fine febbraio. Poi il silenzio è calato e solo qualche temerario affronta la strada deserta, passano ore prima che un’auto si faccia sentire. Sicuramente le forze dell’ordine sono vigili anche di notte pronte a sanzionare il primo malcapitato capiti loro a tiro. Ma non ho voglia di scoprire se l’indottrinamento, il lavaggio del cervello funziona anche la notte. Se magari di notte si ha meno paura e si esce di più e si creano quegli assembramenti così combattuti durante il giorno quando le forze dell’ordine, le stesse forze che dovrebbero proteggerci ci tengono chiusi a casa per la nostra sicurezza per non contrarre il virus mentre, loro, godono della natura che si risveglia durante il giorno, in questo inizio primavera. Questa natura così cattiva che ci costringe a nasconderci alla sua vista perchè siamo stati cattivi perché naturale o meno il virus uccide senza pietà. Non guarda in faccia nessuno, il virus, attacca il tuo organismo e con pazienza e spietatezza ti porta via. Il virus come la propaganda e la paura non ha coscienza e non ti sceglie se sei ricco o sei povero, se hai una, nessuna o cento automobili in garage. Il virus come la propaganda e la paura attacca il tuo corpo e di te fa strage. Il virus ti uccide, la propaganda ti indottrina e la paura non ti fa ragionare, ti porta a compiere azioni che in circostanze normali non avresti fatto. Come, per esempio, quella di fare la spia alle forze dell’ordine denunciando chi secondo te non rispetta le disposizioni di sicurezza che, sempre, secondo te, tutti devono adottare perché tu sei spaventato a morte e la paura, quella irrazionale non ti fa ragionare e ti spinge ad azioni riprovevoli che in circostante normali si sarebbero concluse in puro pettegolezzo e che oggi, invece, ti spinge a chiamare le forze dell’ordine e fare la spia.

Il virus come la propaganda e la paura non guarda in faccia nessuno neanche quello che ti urla da dietro una finestra #staiacasa non sapendo e non volendo capire che tu vorresti stare a casa, al calduccio e al riparo, ma sei costretto ad uscire perché ci sono lavori che non possono essere fatti in smart working e/o ci sono commissioni che non possono essere risolte con una sola telefonata o guardando uno schermo sul computer. Ci sono cose che devono essere per forza fatte di persona e stare a casa non significa che i problemi si disperdano magicamente.

Francesco Cappello

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